Thailandia, Cambogia e Vietnam – La moderna Saigon (8)

saigon

Fuori dalla città, le campagne sono verdi, le risaie invase dall’acqua, ed i contadini coltivano i campi, con l’acqua fino alle ginocchia, e sotto il sole cocente, con i loro caratteristici cappelli di paglia.

La città cambia tutto. Siamo sotto il Bixteco financial centre, camminando tra gli imponenti palazzi e le strade illuminate dalle insegne di banche, negozi e marchi famosi.
Ho Chi Mihn, l’antica Saigon, non è esattamente come ce la aspettavamo. Il caos regna indisturbato. I suoni, i rumori, il traffico, e gli odori non lasciano libera la città nemmeno di notte. Siamo in un’immensa metropoli di 8 milioni di persone che non dorme mai.

Siamo arrivati tardi, ma ci fermeremo almeno un paio di giorni, e avremo tempo di visitare la città.

Decidiamo di sacrificare il museo della guerra per visitare i Cu Chi tunnels, una fitta rete di gallerie sotterranee costruita durante l’occupazione francese, e allargata nella seconda guerra mondiale, contro gli americani. I tunnel si trovano vicino al confine con la Cambogia, e ci vogliono almeno un paio di ore di bus per arrivare.

Lungo la strada che costeggia la jungla notiamo delle bellissime coltivazioni di alberi della gomma. Le piante sono altissime, cresciute su un sottobosco piuttosto spoglio, e sono ben ordinate, come su una griglia. Nella corteccia dei tronchi vengono incise delle lunghe scanalature per ricavarne del lattice bianchissimo. Una ciotola viene legata ad ogni fusto della pianta, per raccoglierne tutto il liquido.

Dopo aver pagato il biglietto d’ingresso, una guida ci accompagna al campo base, dove sotto una serie di tendoni vengono proiettati a rotazione video sulla guerra in Vietnam. Nella sua cronaca al video si nota una nota di fierezza nell’evidenziare come gli americani siano stati decimati con le trappole disseminate dai vietkong, e grazie anche alla fitta rete di tunnel sottoterra.

La sua spiegazione era un crescendo, e raggiunge il culmine quando quasi sorride degli americani, e mostra fiero una cartina del campo americano, praticamente costruito sopra decine e decine di tunnel di cui non immaginavano nemmeno l’esistenza.

È così che i Vietkong hanno contrastato gli americani, uscendo dai tunnel di notte e facendo razzia di armi e cibo e uccidendo i soldati, che non avevano la minima cognizione di quello che succedesse a pochi metri sotto di loro.

Ci guardiamo intorno, e notiamo un paio di turisti,  visibilmente imbarazzati dalla situazione… non saranno mica americani?!

Il caldo è stremante, ma tutto è talmente interessante che il tempo passa senza che ce ne accorgiamo.
Alla fine della visita ci appoggiamo su dei tavoli per riposarci un po’, e subito ci offrono del cibo e una tazza di the. Finalmente potevamo reintegrare le nostre forze Erano pezzi di tapioca, bolliti o cotti al vapore… non saprei dirlo con precisione. Erano accompagnati da scodelle piene di granella di arachidi. Abbiamo intinto la tapioca nelle arachidi, come ci aveva consigliato la guida. Inizialmente ho annusato, un po’ come i gatti, non fidandomi troppo dello sguardo divertito della signora che me li ha offerti. Era un sapore nuovo per me, e non capivo a cosa somigliasse. Ma era una bomba! La consistenza era un po’ friabile, un po’ farinosa, ma il sapore, era difficile da azzeccare. In più lo lo strato di arachidi che li ricopriva rendeva la cosa ancora più difficile. Poi la rivelazione… Castagne!!!!!!!!! sapevano di castagne! Zuccherate per giunta. Ancora per qualche minuto, il mio cervello si è rifiutato di scambiare il sapore di un tubero con quello delle castagne, ma erano loro! 

Prima di andarcene ci siamo anche divertiti a sparare al poligono con un paio di ak47, talmente arrugginiti, che con tutta probabilità venivano direttamente dalla seconda guerra mondiale.

Il Mekong scorreva in tutta la sua forza, lungo le rive affollate di Saigon. Presi dai morsi della fame, e ormai a sera inoltrata decidiamo di concederci un po’ di lusso,

cercando un buon ristorante dove mangiare. Mentre aspettavamo nostri piatti special comodamente seduti su due comode poltrone di vimini, facevamo gli ultimi progetti sui due giorni successivi a Bangkok. Due giorni in anticipo rispetto al volo di ritorno, ma volevamo essere sicuri di avere tempo sufficiente per risolvere qualsiasi intoppo. E poi ci serviva un po’ di relax, una decompressione dal viaggio affrontato in queste tre settimane.

Incredibilmente e per la prima volta, scegliamo dell’acqua tonica al posto della birra, tanto che quasi il cameriere, pur non conoscendoci, ci guarda male. La nostra serata si conclude con una mangiata trionfale, a base di riso bianco, crostacei e zuppe tipiche locali, rigorosamente piccanti come il demonio.

Ci saranno ulteriori sprazzi di vita nei giorni seguenti a Bangkok, ma sono in overflow di ricordi al momento, e non vorrei incasinare troppo il racconto.

Credo sia il caso di concludere, è notte già da un po’. A quest’ora è più facile scrivere, con il silenzio i ricordi tornano in testa più facilmente e nessuno ti disturba. Il mio gatto mi osserva sornione, sdraiato sul divano, sgranchendosi le zampe di tanto in tanto. Sullo sfondo la tv ancora accesa, e solo allora il mio orecchio riconosce qualcosa di familiare: Her eyes are a blue million miles. In tv c’è il Grande Lebowsky, e subito mi torna in mente la salsa pariglia, quella buona, quella di Sioux City!

cena

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: